UN LUOGO MAGICO A POCHI CHILOMETRI DA CASA
Perché visitare Orsigna? Avevo in mente due opzioni per iniziare questo nuovo viaggio ma l’istinto e un sogno mi hanno portato qui, il luogo di pace tra i faggi e i castagni che fu per Tiziano Terzani un rifugio dal mondo, il suo “vero, ultimo amore”.
Non avevo letto gli ultimi libri dello scrittore, né sapevo di alberi con gli occhi e sentieri meravigliosi, ma ho fatto un sogno speciale in cui ho visto un numero a cinque cifre: lo stesso numero, dopo circa una settimana, l’ho ritrovato in uno degli ultimi capitoli del suo libro “Un indovino mi disse”.
Arrivato il momento della partenza ho sentito come un richiamo, ho preso lo zaino e mi sono diretta verso Orsigna: ora eccomi qui, in questo luogo fuori dal tempo che mi ha condotto a persone davvero speciali; un luogo intriso di pace ed energia dove regina è la Natura.
Frazione di Pistoia, sita nella valle attraversata dal torrente omonimo, Orsigna è un piccolo borgo che un tempo viveva di pastorizia e di taglio della legna.
Al borgo ci si arriva da Pracchia, dove si trova la stazione ferroviaria più vicina, attraverso i 5 chilometri di strada asfaltata che ho voluto percorrere a piedi.
Mi sono diretta subito verso il ristorante albergo “La Selva”, dove andava spesso a mangiare Tiziano con la sua famiglia, sperando che avessero posto per dormire.
Beh, che dire, seguendo il flusso tutto va alla perfezione!
Dopo un paio d’ore di cammino sono arrivata a destinazione, erano circa le 15: ad accogliermi c’era il proprietario Aldo, un uomo dagli occhi blu come il mare, una persona pacata e genuina, alla mano e di gran cuore.
Mi sono presentata, ho raccontato brevemente cosa mi aveva portato lì e ho felicemente scoperto che oltre ad avere una camera per me, la sera stessa a cena ci sarebbe stata la famiglia Terzani.
Che emozione! La stanchezza era svanita.
Che fare quindi? Di fermarsi non se ne parlava, per cui… doccia, vestiti puliti e via! Subito verso il sentiero che porta all’Albero con gli occhi.
IL SENTIERO TERZANI E L’ALBERO CON GLI OCCHI
Su suggerimento di Aldo ho imboccato il sentiero nei boschi che si trova a pochi metri dal ristorante e che in circa 45 minuti mi avrebbe portato a destinazione. Il percorso è quello del sentiero CAI nr. 5 che conduce fino a Case Moretto, un delizioso villaggio di case in pietra dove mi sono fermata a bere un sorso d’acqua e ho chiesto qualche informazione a delle simpatiche signore sedute in giardino.In una ventina di minuti da qui si arriva a Case Cucciani e al vero e proprio Sentiero di Terzani.
Dopo poco ecco il cartello “Albero con gli occhi di Tiziano” che conduce nella piccola radura dove si trova lo splendido ciliegio sul quale sono stati attaccati degli occhi di vetro. L’idea è stata dello stesso Terzani, che aveva attaccato questi occhi di vetro su un albero vicino a casa sua per mostrare al nipote che tutti gli esseri sono vivi, piante comprese. Su questa terrazza naturale che domina il borgo di Orsigna si respira quell’aria che da sola basta a rinfrancare lo spirito, perché è pace, è pura, è tutto; pare che qui, da dove si può ammirare l’intera vallata, Tiziano Terzani amasse venire a meditare.
Non mi ero documentata prima, sapevo davvero poco su questi luoghi, semplicemente volevo vivermi tutto senza condizionamenti: mi sono goduta il panorama, ho ammirato e abbracciato il meraviglioso ciliegio, ho osservato tutti i pensieri e gli omaggi lasciati da chi è passato a fargli un saluto e poi ho sentito di volermi fermare.
A questo punto mi sono seduta a gambe incrociate, ho chiuso gli occhi e mi sono connessa profondamente. Dopo qualche istante ho sentito tutta l’energia di cui è carico questo angolo di paradiso; una sensazione simile a una brezza frizzantina ha attraversato ogni cellula del mio corpo, finché ho percepito di non essere sola: ero in ottima compagnia. Una compagnia non visibile all’occhio umano, naturalmente, ma solo a quella parte della nostra essenza che riesce ad andare oltre le barriere create dalla mente. In quell’istante mi sono sentita davvero fortunata, grata.
Una volta rientrata a “La Selva”, dopo una doccia e un po’ di relax sono andata a cena. Ovviamente ho ordinato i famosi tortelli della Rosita, i preferiti da Tiziano, anche se essendo vegetariana ho optato per quelli con la salvia. Nel frattempo sono arrivati anche degli ospiti speciali: Folco Terzani con sua madre Angela e la sua famiglia; vederli seduti a pochi metri da me mi ha molto emozionata, ero davvero felice e la presenza di Angela, di cui avevo tanto letto, è stata il più bello dei doni. Così, terminata la cena ho preso coraggio e mi sono presentata alla famiglia.
Ho sentito subito di trovarmi di fronte a persone speciali, ovvio, ma semplici, aperte, dall’animo sensibile. La loro cultura è immensa, hanno girato il mondo vivendo esperienze uniche, eppure sono riusciti a conservare una genuinità rara e quell’attaccamento alla terra e all’universo che è proprio il messaggio che ha voluto lasciare Tiziano a tutti noi. Angela è una donna dallo sguardo dolcissimo e i modi delicati; Folco ha negli occhi una luce scintillante, simile a quella che trovi nei bambini che hanno ancora tanta voglia di scoprire i misteri dell’universo.
La giornata non poteva concludersi meglio; ero stanca ma carica di rinnovata energia: sono andata in camera, ho scritto due righe sul mio taccuino e spento la luce nell’attesa di un nuovo giorno a Orsigna.
I MONTI DELL’ORSIGNA
Un trekking in solitaria ricco di emozioni
Avevo deciso di salire sulle cime dei monti che circondano la valle, mi pareva un ottimo modo di trascorrere la mia seconda giornata a Orsigna; dopo aver assimilato qualche dritta passatami da Aldo, camminando ho imboccato lo stesso sentiero del giorno precedente, a pochi passi da “casa”.
Questo sentiero torna sulla strada asfaltata in prossimità di Case Moretto. Qui la segnaletica è meno evidente e per non sbagliare ho dovuto chiedere informazioni a una signora che mi ha indicato il percorso tracciato a destra, dopo pochi metri di strada asfaltata.Il sentiero che porta allo spartiacque dell’Appennino entra in una fitta foresta, dove i castagni lasciano il posto a faggi e abeti che si alternano armonicamente in un gioco di luci e ombre.
Dopo circa due ore di cammino, nei pressi delle indicazioni del Sentiero dei Quattro Fossi, ho imboccato per sbaglio una pista non tracciata: ero titubante, non è semplice orientarsi nei boschi, ma ho continuato per un po’ a camminare col pensiero fisso di dover tornare indietro. A quel punto mi è giunto un segnale inequivocabile: il mio bastone si è spezzato.
Dopo ore in silenzio e connessione con l’ambiente naturale ero molto attenta ai segnali e questo era arrivato forte e chiaro: ho capito chiaramente che avrei dovuto fare marcia indietro. Magicamente ho trovato subito un bastone più resistente e poco dopo anche il percorso tracciato e ben riconoscibile: ero di nuovo sul sentiero numero cinque, pronta per continuare la mia scalata.
Continuando sul crinale mi sono imbattuta in due interessanti particolari: il primo, di natura storica, rappresentato dai cippi di confine in pietra posti nel 1828 per segnare il confine tra il Ducato di Parma e il Granducato di Toscana; il secondo rappresentato dai “faggi serpente”, alberi contorti e multiformi, cresciuti in questo modo perché sottoposti agli agenti atmosferici del crinale appenninico, primo fra tutti il vento.
Ovviamente non ero a conoscenza di questo tratto ma mi sono subito resa conto della differenza, a livello visivo e non solo: dopo un lungo tragitto più cupo tra altissimi abeti mi sono ritrovata in un bosco incantato, accolta da meravigliosi alberi avvolti in una luce rasserenante.In realtà non sapevo di che alberi si trattasse, vista la strana forma, ma ho sentito una grandissima energia; ho avuto l’impressione di varcare un portale e ho intuito di trovarmi in un faggeto.
I Celti sostenevano che esistesse una particolare correlazione tra la data di nascita di un essere umano e un determinato albero, tanto da influenzare la personalità e il carattere di ogni individuo: in base a questa correlazione il mio albero è proprio il faggio, sarà per questo motivo che mi sono sentita a casa!
Dopo essermi soffermata tra quelli che io amo definire “faggi danzanti” per una breve meditazione e qualche scatto fotografico, ne ho abbracciato uno in particolare, non chiedetemi perché, e ho ripreso il mio cammino.
Trascurato il sentiero nr. 13 a destra per Donna Morta, sono salita fino al rifugio Porta Franca da dove è visibile il verde versante orientale del Monte Gennaio percorso dal sentiero che porta al Lago Scaffaiolo. Al bivio con questo sentiero sono andata a sinistra, in direzione Passo della Nevaia e percorrendo il sentiero nr. 35 sono salita sulla sommità del Balzo delle Ignude, una cima arrotondata da cui si possono ammirare le vette circostanti: questo è il posto magico dove è stata girata una delle più toccanti scene del film “La fine è il mio inizio”; da qui si ha un bel colpo d’occhio su tutta la Valle dell’Orsigna.
Nuovamente mi sono commossa di fronte a tanta bellezza, ho incrociato le gambe e mi sono goduta la magia e la pace di questo luogo. Avrei potuto percorrere altri sentieri per tornare a Orsigna, ma vista l’ora ho deciso di tornare dalla stessa parte: temevo altrimenti di non riuscire a scendere prima che si facesse buio e non conoscendo gli altri sentieri non sapevo quanto tempo avrei impiegato. Ho iniziato quindi la mia discesa aiutandomi con due bastoni, vista la pendenza, e in maniera agile ho ripercorso tutte le tappe del mio bellissimo trekking.
Ripensando alla giornata sono stata felicissima di aver trascorso quelle ore in solitaria immersa nella natura: è stata un’esperienza inspiegabilmente unica, carica di emozioni. Non mi sono sentita sola nemmeno per un attimo, anche nei tratti più ripidi e bui ho sempre sentito di essere guidata.
Ringrazio la cavalletta che mi ha fatto notare la sua presenza un paio di volte indicandomi che ero nel posto giusto, grazie al calabrone che mi ha fatto compagnia tra un bosco e l’altro quando attraversavo i tratti ricchi di conifere e illuminati dal Sole, grazie al mio bastone che mi ha supportato e indicato la giusta via, insomma grazie all’universo per avermi dato tanto, per avermi fatto capire che quando siamo connessi tutto è perfetto.



Arrivata alla Selva dopo circa 8 ore probabilmente ero stanca ma non rammento affatto quella sensazione, piuttosto mi ricordo di quanto mi sentissi soddisfatta di quella giornata e soprattutto di come fossi ancora carica di energia. In giardino ho incontrato Patrick, anima meravigliosa conosciuta durante questi giorni; abbiamo fatto due chiacchiere, gli ho raccontato della mia piccola avventura e sono andata in camera a prepararmi per un’altra deliziosa cena.
Patrick è una persona speciale, un uomo di grande sensibilità, si occupa di cavalli praticamente da sempre e vive tra Stati Uniti, Francia e Italia. Da giovanissimo il suo interesse per i cavalli lo aveva portato a formarsi negli USA, dove si era avvicinato profondamente alla cultura Cheyenne. Sentirlo parlare del suo mondo, della cultura, delle tradizioni e degli insegnamenti tramandati da quei popoli profondamente connessi e rispettosi della Madre Terra, è stato davvero appassionante. Da quello che ci raccontava, i Cheyenne sono i più conservatori tra i nativi americani, quelli che meno si sono fatti contaminare dalla cultura occidentale, i più rispettosi delle tradizioni e delle antiche cerimonie.
PATRICK, FOLCO E LA COMPAGNIA DEGLI SCALZI
L’ultimo giorno della mia permanenza a Orsigna ho deciso di trascorrerlo con le persone che ho conosciuto. Dedicata la mattinata a una breve visita di Pistoia, nel pomeriggio sono andata con Patrick e Aldo a casa Terzani dove ci aspettava Folco per fare, con l’aiuto di Patrick, un’offerta di tabacco attraverso il fumo della pipa di cerimonia.
Prima ci siamo goduti il meraviglioso panorama nel giardino di casa Terzani sorseggiando una bevanda d’orzo e qualche cantuccio fatto in casa. Mille immagini e sensazioni mi sono venute in mente: in fondo stavo calpestando l’erba che sentiva sotto i piedi Tiziano durante gli ultimi giorni della sua vita e stavo ammirando la stessa meravigliosa valle che lui tanto amava. Non che fosse un santo o un profeta ma leggendo ciò che scriveva ho fatto mie le sue esperienze e l’ho subito sentito molto vicino al mio modo di vedere il mondo: lo ammiro molto. Per la cerimonia ci siamo recati dai vicini di Folco: Mirko, Gabriele e rispettive “tribù”.
Mirko italiano e Gabriele russo, condividono con le compagne e i figli una casa, come una sorta di piccola comunità. Stanno sempre scalzi e sono vegetariani, coltivano le loro verdure nell’orto, fanno il pane, hanno galline da uova, pulcini, cani, gatti e una piccola yurta in giardino.
Tornando alla nostra cerimonia, la pipa è fatta di catlinite rossa (pipestone) e ovviamente è di Patrick: gli era stata donata da una medicine woman cheyenne. Secondo la cultura cheyenne il ciclo energetico delle donne è troppo potente per quello maschile, per cui le donne hanno una pipa diversa, fatta in catlinite nera. Avendo a disposizione solo la prima, noi donne abbiamo partecipato al rito condividendo i nostri pensieri o le nostre preghiere. Oltre a me erano presenti le compagne di Mirko e Gabriele e la figlia di Aldo. Ci siamo seduti nella yurta a gambe incrociate intorno al fuoco, abbiamo chiacchierato piacevolmente sorseggiando del tè e dopo le spiegazioni iniziali di Patrick è iniziata l’offerta di tabacco. È stato un bel momento di unione: dopo l’offerta, che prevede il passaggio della pipa da un uomo all’altro con dei precisi gesti, abbiamo recitato le nostre preghiere ed espresso i nostri pensieri, proprio come si fa nei cerchi di condivisione.
Per la cena la “Compagnia degli Scalzi” ci ha invitato a restare, così ci siamo fermati a mangiare con loro del buon riso con verdure. Lo scoppiettare della legna sul fuoco, il suo profumo acre, il cielo stellato e i suoni dei tanti animali notturni evocavano ricordi ancestrali. Tra racconti e storie sulla cultura indiana, su luoghi sacri e esperienze di viaggio, la serata è trascorsa piacevolmente: come in una bolla senza tempo ero stata trasportata altrove, non mi sembrava neppure di essere ancora in Toscana, a pochi chilometri da casa.
Finita la serata, dopo i saluti, i “see you soon” e i ringraziamenti, siamo tornati da Aldo facendo una breve passeggiata circondati dai boschi e sotto un cielo stellato spettacolare, un’atmosfera che solo la magia del buio sa regalare.
Si è conclusa così la mia permanenza a Orsigna, la perla di Toscana dove natura, energia e persone autentiche mi hanno accolto in un abbraccio indimenticabile. Per me è diventata come una casa: porto con me ogni passo, ogni sensazione, ogni immagine e ogni profumo.
Ringrazio Aldo e la sua famiglia per avermi fatto sentire a casa; e tutti, Patrick, Folco Terzani e la sua famiglia, Mirko e la “Compagnia degli scalzi” e ancora Aldo per aver condiviso con me ogni prezioso attimo.
Grazie, Orsigna: see you again!
tu sei stata per me una scoperta di sensibilitá e interesse alla vita, tutto puó essere semplice e magico se noi lo siamo.
Luoghi come l’Orsigna aiutano le connessioni ……
Ná ma ne hototse per gli Cheyenne
Mitakuya oyasin per i Lakota ( SIOUX )
siamo tutti in relazione.
A presto pellegrina-dello-spirito.
Patrick
Grazie Patrick, le tue parole mi riempiono di gioia. Orsigna canalizza!!! Ho apprezzato moltissimo la tua sensibilità e il tuo rispetto per alla cultura Cheyenne, ascoltarti è un piacere ma spero di poter visitare di persona i luoghi magici di cui mi hai parlato. See you soon…
Bellissimo racconto, sembrava di esserci veramente. Grazie ✨
Ciao Antonella, mi fa molto piacere! Riuscire a condividere e trasmettere le sensazioni che provo durante i miei viaggi è davvero importante. Grazie a te! 😊🙏
..veramente un bel racconto che ti fa sentire parte del viaggio. Complimenti
Ciao Marco, ne sono molto felice! Far sentire i lettori parte del proprio viaggio, della propria esperienza è fondamentale. Grazie mille! 😊🙏
Very informative post. Much thanks again. Really Great. Joleen Jamesy Dyl
Thank you very much!
Che dire… di cose ce ne sarebbero tante davvero, ma mi limiterò, per brevità
grazie alla tua spiccata e piacevole capacità descrittiva, ho letto il racconto tutto d’un fiato.
Hai un dono, la tua Sensibilità, che ti ha fatto vivere un’esperienza piena e trascendentale, e sei riuscita a portarmi con te con queste righe, per i sentieri ed i boschi, mi sono completamente immerso ed immaginato a meditare seduto in mezzo al sentiero, a camminare per raggiungere la vetta e ammirarne il panorama, a tornare per cena e godere della compagnia delle altre persone..
Grazie per averlo fatto, è stato davvero emozionante.
FRA
Mi riempie di gioia riuscire a trasmettere tante emozioni e soprattutto riuscire a portare le persone con me… grazie di cuore per la tua Sensibilità!