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Quando i sogni diventano realtà

Viaggio in Sud America

Dall’Italia al Sud America passando per l’Australia

Per molto tempo ho avuto il desiderio di mollare tutto e iniziare una nuova vita. Con il passare degli anni mi sentivo sempre meno “comodo” nella mia città natale. Era giunto il momento di fare il grande passo e forse perdere tutto ciò che avevo costruito negli anni: lasciare il mio posto di lavoro, l’auto appena acquistata, chiudere casa, allontanarmi dai miei affetti e ripartire da zero.

Avevo tutto penserete, invece no, mancava la cosa più importante: la mia felicità! Non ero felice e non mi sentivo soddisfatto della vita che avevo condotto fino a quel momento. Avevo bisogno di fissare un obbiettivo, mettermi alla prova e cercare di diventare una persona migliore anche se non era così facile. I dubbi e le paure erano così forti da contrastare i miei sogni. Mi chiesi tante volte se fossi stato veramente capace di affrontare un’esperienza del genere. Non conoscevo nessuna lingua straniera, avevo fatto lo stesso lavoro per tantissimi anni e non sapevo da dove partire, nonostante ciò, non potevo far vincere la paura o non sarebbe mai cambiato nulla della mia vita. Per cominciare iniziai a studiare la lingua inglese da autodidatta, così da poter comunicare praticamente ovunque andassi.

Ricordo che un giorno, durante un duro turno di lavoro, andai in bagno a sciacquarmi il viso perchè ero molto sudato e stanco; in quel momento guardandomi allo specchio mi resi conto di quanti sacrifici facevo ogni giorno e di quante cose avevo realizzato non arrendendomi di fronte alle difficoltà. In quell’istante capii di potercela fare; avevo trovato le giuste motivazioni, le motivazioni che spazzarono via tutte le mie paure.
Rimase un’ ultima incognita: DOVE ANDARE?

Il posto più lontano che potessi immaginare

Non sapevo proprio da dove iniziare, l’idea era quella di andare in un posto così lontano dall’Italia da rendermi difficile il ritorno. Mi documentai un po’ sul web ma la scelta è molto ampia, ci sono un’infinità di posti fantastici dove poter iniziare una nuova vita. Dopo un’accurata ricerca decisi di partire per l’Australia, il posto più lontano che potessi immaginare.
Comprai un biglietto aereo, diedi le dimissioni a lavoro, riempii lo zaino con tutto il necessario e via per questa nuova avventura.

Prima tappa: Australia

Arrivai a Melbourne con un livello molto basso della lingua inglese ma questo non fu un limite per me, al contrario, fu una sfida in più da affrontare. Ero disposto a tutto pur di vivere la mia esperienza a pieno. Mi concessi un piccola vacanza per ambientarmi, andai a vivere in un ostello per qualche settimana e cominciai a socializzare con dei ragazzi. Con alcuni di loro instaurai un’ amicizia che continua ancora oggi.


Durante l’anno in Australia cambiai parecchi lavori: iniziai come imbianchino, ma stare otto e più ore a guardare un muro non faceva per me, poi feci il piastrellista ma abbandonai presto a causa di qualche incomprensione con il capo. Un giorno vidi un annuncio in cui cercavano una persona che aiutasse in un pub, non chiedevano molta esperienza e quindi decisi di provare. Quel tipo di lavoro mi aveva sempre affascinato, amavo il mondo della notte per cui pensai: “forse è il lavoro giusto per me”.


Iniziai dal basso, lavavo semplicemente i bicchieri, sistemavo, mi occupavo delle preparazioni prima del servizio e in più iniziai un corso base per la preparazione di cocktails. Non era il massimo ma stavo comunque imparando un nuovo mestiere, iniziavo a farmi nuovi amici e a prendere più confidenza con la lingua inglese.


Finito il corso finalmente potevo lavorare a pieno ritmo e preparare alcuni cocktails. Trovai la mia strada, un lavoro che mi piaceva davvero e grazie al quale ogni giorno avevo il sorriso sulle labbra. Ero felicissimo, ma sapevo anche che al più presto avrei dovuto abbandonare quel lavoro per andare a lavorare in farm e così ottenere l’estensione del mio visto.

L’esperienza in farm


Durante l’esperienza in farm cambiai diverse mansioni e incontrai tantissime persone di culture diverse da ogni parte del mondo. Era fantastico vivere tutti sotto lo stesso tetto, si impara veramente tanto socializzando con altre persone.
Uno dei lavori che non avrei mai immaginato di fare fu quello nella DAIRY FARM COW MILKING, in poche parole mungevo le mucche. Il primo giorno fu come vivere un film horror/comico, lavoravo con il terrore che la mucca mi facesse i bisogni in testa; per fortuna dopo un po’ mi abituai.

Lavoravo con un signore di 84 anni, originario della Sicilia come me, emigrato più di 60 anni fa in Australia.
Con Antonio detto Tonino si creò un rapporto molto profondo. Durante la mia esperienza venne a mancare sua moglie; Tonino era un uomo molto anziano e aveva vissuto l’intera vita con lei. Divenne molto debole, non aveva più voglia di comunicare, lavorava e basta, gli era rimasto solo il lavoro. Sentivo di dover fare qualcosa, mi sentivo in debito. Ogni giorno rimanevo il più possibile al suo fianco cercando di farlo sorridere e spesso gli preparavo qualche piatto tipico siciliano per tiragli su il morale.

Purtroppo giunse il momento di stoppare la mungitura perchè le mucche dovevano partorire, il mio lavoro quindi era finito. Tonino aveva ripreso forza, spesso riuscivo a strappargli qualche sorriso. Il giorno dei saluti fu qualcosa di unico: lo ringraziai per tutto ciò che aveva fatto per me, soprattutto per avermi insegnato il vero senso del sacrificio (Tonino non si fermò un solo giorno a lavoro, nemmeno quello del funerale della moglie). Mi rispose dicendomi che era lui in dovere con me e che era lui a dovermi ringraziare per non averlo mai lasciato solo.


Oltre a Tonino mi trasmisero forti amozioni anche i miei coinquilini sudamericani. Amavo stare con loro a tal punto che imparai lo spagnolo fino a sentirmi parte del gruppo. La cosa che apprezzai di più di loro fu la loro cultura: l’unione e la fratellanza erano alla base di tutto. Con alcuni condivisi circa 4 mesi della mia vita, mesi durante i quali si creò a un rapporto quasi fraterno, così forte che perdura ancora oggi nonostante la distanza.

L’anno in Australia sta per terminare


L’anno in Australia stava per terminare, dovevo decidere cosa fare della mia vita. Tornare in Italia? Rimanere un altro anno? O fare una nuova esperienza? Presi la mia decisione un po’ cosi, all’improvviso, durante una cena con dei ragazzi sudamericani.
Quella sera, tutti insieme in allegria, stetti cosi bene e mi sentii così felice che dissi loro, senza pensare: “ragazzi, voglio conoscere la vostra terra, ci vediamo in Sud America”.

Tutti pensarono che stessi scherzando ma non era affatto così. Avevo trovato un lavoro che mi piaceva e che potevo fare in qualsiasi posto del mondo, quindi perché non provarci? Adoro viaggiare da solo ma mai avevo fatto un’esperienza del genere. Avevo sempre sognato di visitare il Sud America e in fondo avevo sempre realizzato tutti i miei sogni, quindi dovevo farlo! Avevo l’appoggio dei miei amici e l’esperienza australiana da backpacker mi aveva insegnato tanto. Con l’aiuto dei ragazzi pianificai un percorso ipotetico e anche se solitamente preferisco viaggiare totalmente all’avventura vivendo giorno per giorno, pensai che per affrontare un viaggio alla scoperta di un continente a me sconosciuto, sarebbe stato più opportuno avere qualche dritta.


Prima di partire per il Sud America, insieme al mio migliore amico d’Australia, un ragazzo italiano conosciuto nei primi giorni in ostello, deciddemmo di fare un viaggio lungo la East Coast, partendo da Cairns fino a Sydney. Un viaggio on the road noleggiando auto o van in forma molto economica utilizzando Relocation Car o siti come BLA BLA CAR. Il viaggio fu molto particolare, siamo due persone diverse con dei caratteri molto forti; non vi nascondo che fu in parte burrascoso ma servì ad entrambi, ci aiutò molto a capirci l’uno l’altro e ad unirci sempre di più.


Il mio viaggio in Sud America stava per iniziare ma allo stesso tempo stava per svanire. Decisi di partire lo stesso giorno della scadenza del mio visto australiano, cioè il 24 Ottobre, con destinazione Santiago del Cile. In quel periodo proprio in Cile c’era una protesta civile quindi sarebbe stato molto pericoloso rimanere li.

Mancavano pochi giorni alla partenza, dovevo decidere cosa fare: partire o annullare tutto? Era veramente una scelta difficile e avevo poco tempo per decidere. I miei amici cileni mi consigliarono di non andare ma alla fine decisi di partire transitando in Cile solo per uno scalo, così da non correre alcun rischio. Qualche sera prima della partenza scrissi un post su couchsurfing dove chiesi di essere ospitato per qualche giorno cosi da smaltire il jetlag e comprai un volo con destinazione Lima (Perù); la mia nuova avventura per il sud America sarebbe iniziata da li.

Seconda tappa: Perù

Arrivai a Lima a casa di un ragazzo molto simpatico. Durante la notte una piccola scossa mosse la terra ma ero così stanco da non riuscire a capire cosa stesse succedendo. Solo il mattino seguente, quando mi chiesero se avevo avvertito il sisma, capii cosa fosse successo. Visitai la città di Lima e provai alcuni piatti e bevande tipiche peruviane, come il ceviche e il pisco.

Dopo qualche giorno lasciai Lima, avevo ormai smaltito il jetlag ed ero pronto a conoscere il Perù o per meglio dire una piccola parte di quella meravigliosa terra, fatta di tradizioni e storia. Facevo spesso l’autostop, non l’avevo mai fatto in vita mia, fu un’esperienza unica. Visitai alcuni luoghi incredibili tra cui: Ica, Nazca, Cuzco, Machupicchu, la Montagna Vinicunca e tanto altro.


Nella città di Cuzco incontrai un ragazzo che mi cambiò la vita, il suo nome era Girome, un ragazzo canadese in viaggio da diversi anni in sella alla sua bicicletta. Intraprese il suo viaggio per scappare dalla depressione e dai tanti problemi che aveva affrontato negli anni. Un ragazzo umile, con un cuore enorme e una simpatia e un altruismo fuori dal comune. L’ultima volta che l’ho sentito si trovava in un paesino a sud di Santiago del Cile soggiornato in una stazione dei pompieri. Credo di poterlo considerare il mio eroe.


Per raggiungere Machupicchu andai in van fino ad Aguas Caliente, dopo di che dovevo decidere se prendere il treno o camminare per circa tre ore. Decisi naturalmente di camminare per godermi tutto ciò che la natura aveva da offrirmi. Machupicchu è qualcosa di unico al mondo, entrando nell’ antica città si sente un’energia positiva che pervade il corpo. Prenotai una visita guidata pensando che non potevo visitare un posto del genere senza conoscerne la storia e qualche curiosità. Alla fine del tour tornai a piedi nella cittadina vicina dove alloggiavo, camminai per più di un’ora ma non mi sentivo stanco, sentivo ancora quell’energia dentro di me. Credo sia stata un esperienza mistica, un’esperienza che non avrei mai pensato di provare.

Un salto in Bolivia

Dopo la mia esperienza in Perù, mi spostai in Bolivia, esattamente a Copacabana, una piccola città sul versante boliviano del Lago Titicaca, dove è facile raggiungere la Isla del Sol, una delle isole sacre agli Inca, situata al centro del lago. Durante il tragitto conobbi una ragazza e decidemmo di trascorrere qualche giorno insieme alla scoperta della città e dell’isola.

La città di Copacabana è molto piccola, si gira tutta in poche ore, decidemmo quindi di andare all’isla del sol, anche se non è stato semplice visitarla interamente a causa di qualche contrasto tra gli abitanti del sud e quelli del nord. Nessuno ci aveva avvisato prima di tutto ciò, lo scoprimmo durante il nostro trekking, quando ci fermarono delle persone spiegandoci che era impossibile raggiungere le due estremità dell’isola a causa di quelle divergenze. Fortunatamente riuscimmo a convincere quelle persone che alla fine ci fecero proseguire. (Per chi ha intenzione di visitare la Isla del Sol di Copacabana, consiglio dunque di informarsi prima se è possibile percorrerla interamente).

Camminammo per più di 5 ore ad un’altitudine di 4.075 m s.l.m, presi un’insolazione e di conseguenza mi venne una febbre molto forte. Il giorno dopo decidemmo di tornare a Copacabana. In quel periodo nella capitale della Bolivia, La Paz, era scoppiata una rivolta civile ma a Copacabana la situazione era tranquilla. Al nostro ritorno incontrammo persone che protestavano per strada e tutti i negozi erano chiusi. La situazione non era delle migliori e con altri ragazzi conosciuti sul battello cercammo una soluzione per lasciare la città e raggiungere la frontiera con il Perù. Ci sembrò l’unica soluzione possibile ma i taxi e i mezzi pubblici non erano operativi, l’unico modo era camminare.

Camminai per altre due ore con la febbre, fortunatamente con noi c’era un giovane medico che mi aiutò fornendomi dei farmaci. Riuscimmo a raggiungere il confine, l’ufficio immigrazione era chiuso ma bussammo e fortunatamente ci aprirono; timbro di uscita e via, nuovamente in Perù.

Salar de Uyuni

A quel punto dovevo scegliere la prossima tappa e soprattutto cosa fare. La situazione in Cile era migliore, le proteste erano finite quindi era possibile partire. Comprai un biglietto del bus e raggiunsi la città di San Pedro de Atacama. Il viaggio durò due giorni, la febbre non scendeva o scendeva solo per qualche ora per poi risalire. Al mio arrivo andai in ostello, dove restai chiuso per tre giorni in pessime condizioni a causa dell’insolazione, fino all’arrivò la notizia della nascita di mio nipote che miracolosamente mi fece passare tutto; andai pure a festeggiare con alcuni ragazzi dell’ostello.

Da San Pedro de Atacama ci sono molti collegamenti con Uyuni, avevo sempre sentito parlare di quel meraviglioso posto. Chiesi a qualche agenzia se la situazione in Bolivia era migliorata, mi risposero di no ma al Salar de Uyuni era possibile andare senza alcun problema.

Decisi quindi di prenotare un tour e partire. Avevo sempre odiato viaggiare in gruppo, non è il mio stile di viaggio e pensai che non mi sarebbe piaciuto, invece quella volta fu diverso. Eravamo in dieci, divisi in 2 auto, persone di ogni città del mondo e di età diverse. Fu veramente emozionate e divertente. Lo stesso giorno, al termine del tour, presi un altro bus per raggiungere il confine dell’Argentina. Correvo tantissimo senza pensare che avrei dovuto dedicare del tempo anche a me stesso.

Terza tappa: Argentina

Non so come spiegarvelo ma nel momento in cui misi piede sul suolo argentino mi sentii subito a casa. Raggiunsi la città di Salta dove decisi di rimanere quattro giorni per rilassarmi e riposare. Feci un giro veloce della città e ne rimasi incantato, sopratutto per l’armonia che si percepiva.
In Argentina avevo tantissimi amici tornati a casa dopo l’esperienza Australiana, quindi decisi di andare a Cordoba a trovarne qualcuno. Un giorno mi chiesero se durante il mio viaggio in sud America avevo lavorato, risposi di no ma che mi sarebbe piaciuto. Un amico che conosceva il proprietario di un pub chiese se avevano bisogno di un bartender e mi risposero subito di si. Ero super emozionato, avevo l’occasione di ampliare la mia esperienza lavorativa e arricchire il mio bagaglio culturale.

Natale a Buenos Aires


Dovevo cambiare il mio percorso nuovamente, ma che importava?! In passato avevo promesso ad altri amici che avrei trascorso il Natale con loro a Buenos Aires e volevo assolutamente rispettare quella promessa. Fu il miglior Natale degli ultimi anni, mi aveva ricordato la mia infanzia, quando le feste erano sinonimo di unione familiare. Stetti così bene con loro che decisi di festeggiare lì anche il capodanno e il mio compleanno. Mi sentivo a casa, mi sentivo amato, insomma uno di famiglia. Prima di lasciarli decisi di organizzare una grande cena con tutti in segno di gratitudine e rispetto nei loro confronti. Era il minimo che potessi fare; avevano fatto tanto per me, soprattutto regalandomi emozioni uniche che vivranno per sempre nel mio cuore.


Lasciato Buenos Aires mi diressi verso nord per visitare la Cataratas del Iguazú, una delle 7 meraviglie naturali del mondo; feci tutto il cammino in autostop come ormai ero abituato a fare.

Quarta tappa: Brasile

Era quasi arrivato febbraio e con lui un altro sogno da realizzare: vivere il carnevale di Rio de Janeiro. Il Brasile offre tanto e avevo voglia di apprendere anche il portoghese, quindi decisi di fermarmi a fare volontariato in un ostello a Florianópolis. Era uno dei migliorii ostelli del Brasile, l’anno precedente aveva vinto il premio hostelword 2019. Rimasi per più di un mese per poi trasferirmi a Rio.

Non imparai quasi nulla del portoghese ma almeno feci un’altra esperienza lavorativa. Fu un’esperienza straordinaria, lo staff diventò come una famiglia, vivevamo tutti sotto lo stesso tetto e ogni sera si faceva festa. Lasciarli fu molto difficile; mi ero ambientato e mi sentivo bene ma avevo ancora un tassello da aggiungere alla mia mappa, un altro sogno da tirar fuori dal cassetto; Rio mi stava chiamando.

Il carnevale di Rio non fu proprio come me lo aspettavo a causa della forte pioggia, ma devo dire che è comunque una realtà fuori dal comune. Come da mia abitudine feci amicizia con alcuni ragazzi dell’ostello e andai a visitare la città e altri luoghi interessanti. Dal nulla si creò un bellissimo gruppo di persone provenienti da tutto il mondo, c’era molta difficoltà nella comunicazione ma la voglia di conoscersi era così forte da abbattere qualsiasi ostacolo.

Ricordo il giorno della visita al Cristo Redentore, da li è possibile ammirare tutta la bellezza di Rio dall’alto. In quel preciso istante ebbi un forte shock, mi fermai a guardare quel paradiso e per la prima volta pensai: “cavolo sono in Brasile, sto veramente realizzando i miei sogni!”

Da quel momento ebbi più fiducia in me stesso; oggi posso affermare che sono veramente fiero di tutto ciò che ho fatto. Spesso non ci soffermiamo a pensare a ciò che realizziamo, a tutti i traguardi raggiunti, ma nel momento in cui lo facciamo tutto sembra più bello.


Finito il carnevale ebbi il desiderio di andare all’estremo nord del Brasile, nella città di Belem o nell’entroterra, nella città di Manaus, per intraprendere un viaggio in nave sul Rio delle Amazzoni e raggiungere la città di Letizia in Colombia. Anche questa volta però dovetti cambiare i miei piani, purtroppo non avevo tempo a sufficienza per fare tutto.

Ultima tappa: Colombia

Andai in Colombia nella città di Bogotà, dove trascorsi una settimana in compagnia di una ragazza che avevo conosciuto in viaggio. Il clima di Bogotà non mi faceva impazzire a causa del freddo e a parte i meravigliosi musei non c’era molto da visitare, quindi non avevo tanta voglia di rimanere in città. Meglio andare al nord dove il clima è molto più favorevole.


Giunse il 12 Marzo, mi trovavo a Riohacha. Da li avrei dovuto percorrere tutta la costa caraibica e infine scendere a Medellín dove avrei avevo un volo per Miami che successivamente mi avrebbe portato a casa, in Italia. Dopo qualche giorno ahimè, cominciò il lockdown causa covid-19 e il mio volo Medellin-Miami venne cancellato.

Durante quel periodo facevo voltariato come receptionist in un ostello a Santa Marta, la Perla dei Caraibi, una delle città coloniali più belle di tutta la costa colombiana. A causa della pandemia l’ostello chiuse e mi trovai senza un posto dove andare ma per fortuna la proprietaria, che aveva un appartamento in una cittadina vicina, mi chiede se volevo trasferirmi lì. Mi spiegò che quella casa era in disuso da diversi anni anche se aveva luce e gas ma con le spalle al muro accettai senza indugi.

Il lockdown fu un’esperienza molto forte, durante la quale conobbi veramente me stesso. Mi fece scoprire quelli che erano i miei limiti e mi permise di diventare molto più forte: la mancanza di quasi ogni bene non l’avevo mai provata prima di allora.

Dopo un mese, ormai molto stanco, contattai l’ambasciata e chiesi di essere rimpatriato; non fu cosi facile, inoltre dovetti tornare a Bogotà per trovarmi più vicino all’aeroporto. Era tutto complicato, potevo solo sperare che ci fosse un posto libero in aereo. Dopo diversi tentativi non andati a buon fine feci un appello di rimpatrio sui social e diventai portavoce delle tante persone bloccate sul suolo Colombiano. La questione diventò mediatica, suscitai l’interesse della politica finché, finalmente, riuscimmo a tornare tutti alle nostre case.

Finalmente a casa: Italia

Adesso finalmente sono a casa, nella mia amata Sicilia e continuo a battermi per le persone in difficoltà. Grazie a questo viaggio ho imparato tanto, soprattutto a essere più altruista e che le piccole cose possono fare davvero la differenza.

Non vedo l’ora di tornare a viaggiare e arricchire sempre di più il mio bagaglio culturale.

Grazie Australia, grazie Sud America ma sopratutto grazie mondo… mi hai reso una persona migliore!


Prima o poi riuscirò a realizzare il mio più grande sogno: avere un ricordo in ogni angolo del mondo. Che ne dite?

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